| Il vecchio mi portò da mangiare, come al solito. Quell'insolita gentilezza da parte sua avrebbe potuto inquietare chiunque, ma non me. Non mi importava, dopo tutto; nulla mi importava. A volte mi chiedevo perché lo facesse, perché accogliesse una fuorilegge del mio calibro in casa sua, ma mi ripetevo, come facevo con tutte le altre mie domande, che non mi andava di saperlo. Presi svogliatamente le posate ed iniziai a mangiare; al terzo boccone la testa mi girava, ma non ci feci caso e continuai, fino a quando la vista non mi sì sfocò: il mio corpo perse totalmente la sensibilità, e mi sentii trascinare fino al piano inferiore. Non reagì, non dissi nulla, anche se avrei potuto: non mi era mai importato della mia incolumità, solo quando uccidevo qualcuno o rapinavo succedeva, visto che la crudeltà era l'unico sentimento che mi mantenesse lucida e totalmente presente: il mio unico interesse, o hobby se vogliamo, era fare danni, uccidere, danneggiare la società. Non sapevo il perché di questa cosa, non perché non ce ne fossero i motivi, ma perché, siccome ero come ero, non mi importava affatto. Le ricerche interiori erano roba da cristiani e santoni, e io preferivo non essere accostata a quelle tipologie di persone. Arrivai su un tavolo, uno operatorio con tutta probabilità, e l'artefice di tutto, il vecchio, iniziò a spogliarmi; quindi preparò degli strumenti chirurgici, e da un piccolo cofanetto di acciaio prese una boccetta con un liquido rosso all'interno; osservai la boccetta per un po', ed una vocina nella mia testa mi disse che dovevo chiedergli che cos'era, ma non le diedi ascolto, come al solito. Il vecchio prese una siringa e aspirò tutto il contenuto della boccetta con fare certosino; -Vedrai che bellissimo regalo ti farò- disse lui, con un ghigno soddisfatto sul volto, mentre avvicinava l'ago al mio braccio; mi iniettò la sostanza e, nonostante all'inizio mi trattenessi, il dolore si fece progressivamente più forte ed urlai con quanto fiato avevo in gola; sentivo come se un fuoco mi scorresse nella vene. Come era arrivato, il dolore scemò, e fu sostituito da un piacevole senso di potere; osservai il mio corpo, e notai che sul dorso della mia mano destra c'era qualcosa di strano: era apena comparso uno strano tatuaggio, che raffigurava un serpente alato intento a mordersi la coda. Dal centro del tatuaggio fuoriuscì qualcosa, un osso della mano, che il vecchio prese; sentivo una strana sensazione accanto a quell'oggetto, come se simboleggiasse la mia umanità perduta. Il vecchio mise l'osso nel cofanetto di acciaio e lo saldò con la fiamma ossidrica, cosìcché una persona normale non potesse aprirlo. Ma poi a me cosa fregava di uno stupido osso... probabilmente non mi serviva neanche. Distolsi lo sguardo, e pensai che sarebbe stato meglio riposare, invece che pensare a quello che era successo; come le altre cose, anche ciò che mi era accaduto aveva perso il già basso interesse che avevo dimostrato, così chiusi gli occhi e mi addormentai.
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