Buio... ecco cosa ci vuole...buio...solo quello...

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view post Posted on 24/3/2008, 22:02
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Guardia di Porta.


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La grande città era un mostro di cemento, sangue, asfalto, metallo e sudore. Centinaia di migliaia di persone gli sfilavano accanto, come portate sul tavolo di un grosso ristorante self service.
Eppure, fino a quel momento, si era astenuto dall'assaggiarne. Non per paura, non per mancanza di appetito (quello lo aveva sempre) ma per priorità.
Questione di principio.

Dopo essere sgusciato fuori, libero, dalla casa del Vecchio, la prima cosa da fare era trovare un bel rifugio sicuro. Comodo, adeguato alle sue necessità. Discreto, intimo.

Non era una ricerca facile. Non in un posto dove tutti, dal primo all'ultimo, si ostinavano a distrarlo da questo suo proposito. I peggiori erano i bambini. Lui non ricordava di esserlo mai stato. Qualche vago ricordo, ma di una vita già adulta, già dolorosamente consapevole. Ecco cosa aveva. Solo quello. Come lampi di luce azzurra in un vasto nulla scuro.

Fu quasi per caso che, a lato di una grossa via periferica, trovò un cantiere abbandonato. Stavano costruendo un magazzino? O forse un condominio, non si riusciva a capire troppo bene. Parte del tetto era franato, lasciando macchine e edificio parzialmente accartocciato. E poi, probabilmente, era stato dimenticato, abbandonato al suo destino, mentre attorno la città continuava a crescere in piccole case popolari. Forse il terreno non era ideale per costruzioni così enormi, e speravano che piano piano cadesse da solo, quel mostruoso ammasso di mattoni e metallo.

Ma per lui, quella era la tana ideale. Buia, silenziosa, accanto ai pascoli delle più indifese pecorelle: le famiglie con prole.
Certo, l'istinto del lupo, diversamente da quello che si potrebbe pensare subito, non lo avrebbe mai spinto a fare razzia così vicino alla sua nuova casa. Si deve sempre scegliere la mandria più lontana, per mangiare. In modo che, in caso di necessità, gli armenti più vicini e comodi fossero sempre placidi e a portata di mano...

...avrebbe aspettato un po, prima di mettersi in caccia.
Doveva conoscere il suo nuovo territorio. Sapere il più possibile del luogo, dei posatoi migliori, di ogni angolo buio o via illuminata.

E poi, quando sarebbe stato pronto... solo allora, avrebbe colpito. Rapido e deciso.

Si accoccolò in un angolo del sotterraneo, cominciando piano a rosicchiare un pezzo di muro. Benchè il posto fosse abbastanza appartato, qualcosa nel suo istinto gli diceva che sarebbe stato meglio scavarsi comunque una piccola cuccia segreta. Discreta e defilata. Per poter dormire in pace.

Aveva sonno.
Insieme alla fame era quello che più lo infastidiva. Il Vecchio non lo lasciava mai dormire abbastanza...

...mAlEdEtTo VeCcHiO bAsTaRdO...

 
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view post Posted on 31/3/2008, 20:31
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Guardia di Porta.


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Quartieri popolari, Reageneth St., angolo con Fletcher Sq.

18 marzo

20.17



La pioggia cadeva inconsapevole, mentre le strade, oramai invase dal crepuscolo, si stavano svuotando anche delle ultime persone. Madri di famiglia tornavano alle loro case, spesa dentro alle borse e fiatone. I vestiti spruzzati di gocce, dal cielo, e dall'asfalto. Uomini che vestivano ancora vestiti lacerti percorrevano la strada, inesorabilmente. Rientravano dopo ore infinite di lavoro.

E poi, bhe, c'era LUI.

La pioggia gli gocciolava sopra. E lui la lasciava fare. Non aveva ombrello con se. Ne vestiti pesanti. Solo un logoro, antico impermeabile marrone che aveva trovato perso in un vicolo. Forse era stato di qualche senzatetto. In ogni caso ora era suo, e il resto non aveva importanza.
I capelli, annegati, gli si erano appiattiti in testa. Sembrava più un cane bagnato che un uomo, a ben voler guardare.

Ogni strada sembrava così simile alla precedente mentre, senza fretta e sotto al diluvio, abbandonava il suo quartiere per entrare nel successivo, e nel successivo ancora. Era oramai notte fonda, il vero fondo di una notte piovosa e fredda, quando arrivò a destinazione. Il suo istinto gli diceva che "Sì, lì poteva andare. Poteva essere un buon posto... un buon posto per avere fame..."

Entrare in quella casa non era stato difficile. La porta era solo legno, dopotutto.
Dentro il sonno impregnava ogni cosa. L'odore delle persone rannicchiate inconsapevoli nei loro letti. Eppure, per uno strano gioco di prospettiva ed esperienze, a LUI sembravano piatti di portata. L'alloggio era uno di quelli popolari a due piani. Zona giorno, sotto. Zona notte, sopra.
Non toccò nulla. Salì solo le scale. Leggero, senza fare rumore. Come un sogno che arriva in punta di piedi.

Schioccò la mandibola per un solo secondo, prima di mettersi "all'opera".
La stanza dei genitori. Due adulti che dormivano abbracciati. Uomo e donna. Entrando, richiuse la porta.

Non aveva in realtà in mente un preciso piano d'azione. Solo, lasciava che le cose andassero avanti, senza pensarci troppo. Affidando le sue scelte a quello che il suo pensiero inconscio gli suggeriva. Le sue mani divennero abnormemente grosse con la rapidità del pensiero. Dita lunghissime, palme ampie e carnose. Come foglie di una pianta gigante.
Premerle contro la faccia dell'uomo. Soffocarlo senza un solo rumore. Ma cominciava ad agitarsi, e quindi, un colpo secco, e il collo che si spezza.

*CRACK!*

Abbastanza rumore perchè la moglie si svegli, di soprassalto. Convinta che sia solo un rumore lontano, che la riporta al mondo dei vivi da quello dei sognatori. Forse era meglio se restava tra le braccia di Orfeo.

Gonfia i polmoni la donna. Capelli biondi sabbia. Viso ovale. Grandi occhi scuri. Il viso contratto in una smorfia di indicibile orrore, quando vede la testa del marito ancora tra le mani del mostro, piegata in una posizione innaturale. Sta per gridare.

La mascella scatta avanti, insieme al collo, che si allunga di un poco. La bocca di LUI diventa un enorme, infinito pozzo nero. E poi, per la giovane donna bionda, rimane solo che smettere di agitarsi. I SUOI denti si chiudono in uno schianto umido di carne masticata e ossa sbriciolate. Lei smette di combattere all'istante, quando capo e corpo si trovano separati, l'uno nello stomaco del mostro, l'altro a stillare sangue come una fontana, in zampilli cremisi, sulle lenzuola di cotone sparpagliate dall'ultimo spasimo della morte.

Se ci fosse qualcuno, la scena che potrebbe descrivere, ovviamente avendo lo stomaco per farlo, è quella di un grosso serpente che si ciba.
La mascella di LUI sembra disarticolarsi, allargarsi come se non fosse provvista di ossa. I denti si fissurano, e così il mento. Lascia andare il volto dell'uomo, che cade dalle sue mani, schiantandosi sul letto senza freni. Il corpo scocco da un sussulto.

Come una bambola di stracci.

Si sposta a cavalcioni del cadavere dell'uomo, il mostro. Prende a infilare il corpo decapitato della donna in gola. Vestiti, coperte, sangue e cuscini. Nulla viene scostato o tolto. Solo, ha fame.

Per l'ora successiva prende tempo. Dalla strada non arriva alcun rumore. Dalla casa, nemmeno. Il respiro regolare di qualcuno nella stanza vicina gli arriva chiaro. Mamma e papà ora si fanno compagnia, abbracciati stretti nel suo stomaco. E questo gli da da pensare.

E' sazio.

Forse per la prima volta in vita sua non ha intenzione di mangiare nulla. Almeno, non per la prossima mezzora.
Ma per tornare alla tana la strada è lunga. Non vuole arrivare dopo l'alba. Ed è così che lascia quella casa.

Non si cura nemmeno di controllare chi ha lasciato vivo. Non è davvero una cosa interessante, in fondo. La camera dei genitori è perfettamente in ordine, se non fosse che, del letto, è rimasta solo l'intelaiatura di legno. Visto che erano coperti di sangue, LUI si è divorato pure i materassi. "Non si lascia nulla nel piatto", dopo tutto. L'educazione è importante.

Ed è con lo stesso passo placido che, piano piano, torna verso il suo piccolo, privato rifugio.
Attorno la città ancora dorme, ignara. Come lo sarebbe rimasta per ore, prima che il *qualcuno* che viveva nella casa appena visitata si fosse alzato, guardato attorno, e chiesto come mai tra tutte proprio quella mattina la mamma non gli aveva preparato la colazione. E papà non era lì a scoccargli un bacio sulla guancia prima di uscire per lavoro.

...sOlO cIbO... sIeTe SoLo CiBo...StUpIdE, sPaVeNtAtE pEcOrE...

 
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view post Posted on 4/4/2008, 12:36
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E nel silenzio, strisciava, piano. Lungo le strade. Cuore leggero. Stomaco gonfio. La sensazione di saziante, crogiolante benessere che lo avvolgeva. Ora che non era più schiavo. Ora che non aveva padroni. Ora che era libero di fare ciò che voleva perchè gli andava. Sensazione nuova e meravigliosa. Niente più padroni. Niente più ordini. Solo la vita. La vita che procede, che avanza. Che lascia il debole in pasto al forte. Che permette solo al più adatto di sopravvivere...

...la città ai suoi piedi... nel silenzio della notte...

...piano piano, stava tornarno verso casa... quella che LUI si era scelto. Quella che LUI sentiva come sua.

Le scarpe, consumate, nella pioggia. I capelli oramai spianati dell'acqua che, impietosa, non accennava a smettere di bersagliarlo. Come se il Cielo piangesse i suoi figli perduti. Ed erano tanti, troppi per poterli contare...

...due in più, questa notte...

pensava, sogghignando. Avrebbe persino canticchiato, se fosse stato quel tipo di uomo. Si trattenne, non per cortesia, ne rispetto. Del sonno di quella inutile mandria di bestiame chiamata popolazione cittadina gli interessava poco. Si tratteneva, invece, per quel privato senso di appagamento che si prova nell'essere l'unico, solo e vero custode dei propri segreti. Essere fulcro e testimone ultimo della tua stessa gioia. E oramai, casa era vicina... ancora poche manciate di minuti...

 
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view post Posted on 11/4/2008, 15:55
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Quartieri popolari, Bishop Sq.

21 marzo

21.41



La luna era nuova, quella notte. Le strade, come sempre, vuote. Incredibile che in un posto dove le persone erano così tante se ne potessero incontrare così poche. Eppure, da un certo punto di vista, non era altro che un vantaggio. Nessuno tra i piedi. Peccato, che ogni medaglia abbia il suo lato "oscuro". Senza folla, non aveva nemmeno un branco dentro cui dissimulare la sua presenza.

Ma non era davvero una grossa limitazione. Qualche sera prima era andata benissimo. Nessun problema. Aveva assaporato un lauto pasto. Ed era stato bello. Molto bello. Parte di quella cena erano ancora alla Tana. Aveva deciso che sarebbe stato carino conservare qualcosa dei suoi spuntini. Un piccolo pezzettino... niente di troppo eccessivo e senza buon gusto...

Ma la SUA attenzione era da dedicare tutta alla prossima meta. L'Orfanotrofio di St.Justin. Un edificio a quattro piani. Sembrava gestito da una congregazione di religiose, a quanto aveva visto passando il mattino e il pomeriggio prima. Giusto per buttare un occhio. Niente di troppo approfondito... ma era stato un appostamento istruttivo. I bambini in tutto erano 32. Le Sorelle una decina. Era come fare irruzione in un nido.

Il muro di cinta e le inferiate alle finestre non erano state un problema. Nel buio della notte occhieggiata di stelle muoversi senza rumore sgranocchiando pezzi di mattone e acciaio non presentava alcuna complicazione.
Sorrise, passandosi la lingua su denti e labbra. Se qualcuno avesse guardato in quel momento, avrebbe potuto notare come quella lingua fosse decisamente troppo grande per poter stare in quella bocca sottile. Eppure, era lì. Ma nessuno, per fortuna sua, stava osservando.

Entrò nell'edificio nel più completo silenzio. Il vetro era stato sgranocchiato piano, come un dolce sorbetto di metà pasto. I dormitori dovevano essere al primo piano. Sentiva il loro odore. Odore di piccoli pulcini. Cuccioli.

...i cuccioli sono buoni... sono soffici... dolci...

Era l'Uomo Nero. L'uomo degli incubi. Quella notte avrebbe rinnovato la paura che i piccini provano istintivamente del buio. Gli adulti si sbagliano sempre quando dicono che non c'è nulla da temere nel buio. Illusi.

Uno alla volta. Senza fretta. Prima la camerata dei bambini. Dormivano assieme, due per letto. Erano 11. Aveva cominciato da quello che dormiva solo. Sembrava grandicello. Capelli castani, con buona approssimazione. Ingoiarlo intero era stata una grande soddisfazione. Non si sentiva così goloso da giorni.

...ancora! ancora! ancora!..

La festa era appena cominciata... sarebbe stato come mangiare tanti, deliziosi cioccolatini... si... precisamente...
 
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view post Posted on 27/4/2008, 01:17
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E il tempo passava lento, nel buio. E loro dormivano sereni, ignari di quello che li aspettava. Bimbe e bimbi, accomunati da un unico destino. Cessare di esistere. Quello però, loro non lo sapevano. Per questo dormivano sogni così lieti.

Uno dopo l'altro, come rosse ciliege. Uno dopo l'altro, senza troppo rumore. In un sol boccone.

I genitori sbagliano, raccontando le favole, ad avvertire i loro piccoli che il lupo delle fiabe non esiste. Purtroppo per loro esiste, eccome.

Masticava senza posa. Nell'era della meravigliosa, grande industria pesante le sue mandibole davano al progresso qualcosa con cui confrontarsi. Schiocchi sommessi di ossa frantumate. Nel silenzio dell'orfanotrofio, scosso solo dai respiri ritmici degli addormentati, sembrava il suono lontano di una grandinata estiva.
Frusciare di vento, fuori. Frusciare di vesti, dentro.

Sangue. Sangue a fiumi. Organi e muscoli lacerati, digeriti. Ossa frantumate nel caldo abbraccio di labbra e lingua. Di denti.

I dormitori dei piccoli erano vuoti, dopo due ore e diciassette minuti. Aveva richiuso le porte delle due ali.

Mancavano solo le religiose. Sarebbe stato ugualmente appetitoso gustare anche loro.
Si sentiva così pieno, così felice e satollo. Eppure non poteva fermarsi, e, a dirla tutta, non voleva farlo.

Forse, psicanalizzato, l'avrebbero chiamata "ossessione compulsiva". Forse non sarebbe mai arrivato davanti ad un dottore, preferendo gli uomini, insulse pecore, affidarlo alle cure del boia e del gabbio.
Ma prima dovevano certo provare a prenderlo.

Prima dell'alba era tutto finito.

Quasi 50 capi consumati. Non aveva lasciato nulla di loro, se non il ricordo in chi li aveva conosciuti.
Quella notte era stato banchetto.

La porta sul numero 197c di Bishop Sq. si chiuse con un piccolo tonfo, accompagnata dalla mano di LUI, il 22 marzo. Di coloro che avevano abitato quella casa rimanevano solo letti vuoti.

Tornare a casa... riposare... questo ora doveva fare.

Ed era felice...immensamente...lascivamente felice...



...prosegue [qui]

 
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